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12
Jul

Fubar, non chiamatelo True Lies

Lo confesso. Quando vidi per la prima volta il trailer di Fubar, serie in otto puntate (per ora), con l’inossidabile Arnold Schwarzenegger nel ruolo di un agente segreto che svolge la sua attività all’insaputa della sua famiglia che lo crede un innocuo rivenditore di articoli per palestre, ho pensato che Harry Tasker fosse tornato.

Gli elementi c’erano tutti, i toni da commedia anche, il nostro Governator aveva la sua solita aria divertente e divertita.

Poi ho visto il primo episodio e la magia è svanita.

Fubar è una delle decine di serie che i nuovi mostri della distribuzione seriale sfornano mensilmente per saturare un mercato sempre più povero di idee e sempre più ricco di spettatori distratti che spulciano qua e la le offerte dai ristretti schermi di un dispositivo portatile.

Certo, Fubar è una serie sopra la media, fosse solo per la presenza di Swarzy, per un cast decente ma non indimenticabile, per una serie di trovate che non vi anticipo in questa sede ma che, ogni tanto un sorriso lo strappano, e, per una volta, per la grande attenzione che chi ha curato l’adattamento e il doppiaggio ha messo nell’evitare inutili strafalcioni o citazioni a casaccio (indico con piacere le battute del partner di Arnold, giovane nerd che se ne esce con frasi dei Thundercats o di altre serie di animazione americane, tutte riportate con precisione).

La storia, di per se, non è nulla di particolarmente innovativo e, spalmata su otto puntate, vede l’inserimento di immancabili elementi del passato di ogni agente, della vita familiare del divorziato Luke (Schwarzenegger) che vorrebbe riconquistare la moglie che ha un nuovo, insipiente, compagno sempre tra i piedi, il rapporto con i figli, con i superiori che lo costringono ad un’ultima missione quando già pregustava la pensione a bordo di uno splendido veliero in giro per i mari, il tutto inserito nelle immancabili parti d’azione.

E c’è il cattivo di turno, naturalmente, anche lui legato a Luke da un doppio filo che vibra sull’orlo tra menzogna e realtà.

Gli episodi scorrono via piacevoli ma senza lasciare molto, in vista di un sicuro seguito , escluse alcune perle di Arnold tra cui, la più bella, è la citazione continua di una battuta di “Getta la mamma da treno” che lui nega venga dal film salvo poi confessare che, sì, l’ha rubata a Denny De Vito che lui adora “è così piccolo che vorrei mettermelo in tasca e portarlo sempre con me” (cito più o meno a memoria).

E, se durante la visione vi eravate ormai definitivamente scordati di True Lies, ci pensa uno stupendo cameo di Tom Arnold con un ruolo a dir poco geniale, interpretato con innata maestria, a farvi ricordare cosa avrebbe potuto fare la coppia in un nuovo capitolo della pellicola di James Cameron.

Quello che manca di più, in Fubar, è quella sana irriverenza, molto scorretta e sopra le righe, dello storico film. Certo, sono cambiati i tempi e certe battute, certi argomenti, certe spigolature non sono più nelle corde di chi produce e di chi guarda.

Ecco perché oggi c’è Fubar. Ma non chiamatelo True Lies.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 30 Ottobre 2023 16:40