2099

Home
28
Dec

The Time of the Doctor

Sapete, scrivere una recensione, parola impegnativa, non è una cosa così banale come può sembrare.

Lo spunto, l’analisi, gli elogi e le critiche, i propri punti di vista e le opinioni altrui. Le angolazioni, le citazioni e i plagi. Quante cose da tenere a mente.

Scrivere poi di Doctor Who, una serie con 50 anni di vita sulle spalle, che ha attraversato trasversalmente le generazioni, da programma fantastico-divulgativo della beneamata BBC a soggetto di culto mondiale è ancora più difficile, considerando anche che il Buon Dottore, sconosciuto ai più nel nostro paese, a meno di non essere sopra gli anta, è divenuto in poco tempo, grazie a Rai 4, fenomeno di sfrenata passione per giovani teenager.

Ma arriviamo al punto, lo speciale di Natale 2013. Quello dell’addio annunciato di Matt Smith e dell’arrivo di Peter Capaldi. Quello scritto dal guru Moffat, colui che non sbaglia un colpo e che ha fatto diventare pop e cult una serie forse destinata a morire di vecchiaia come i suoi fan della prima ora. L’uomo che, come tutti i geni della sceneggiatura, è bravissimo a far finire tutto in gloria, come JJ Abrams insegna.

Beh, fino al cinquanovesimo minuto di “The Time of the Doctor” avrei confermato riga per riga quello che ho scritto, anche in passato, sul Dottore del duemila.

Moffat si diverte a prenderci in giro alla perfezione, tira con astuzia tutte le fila del ciclo dell’undicesimo Dottore, divertendosi, ancora una volta, a frantumare quelli che un tempo erano punti fissi per piegarli alle esigenze di una serie che, spinta da un successo forse inimmaginabile nell’ormai lontano 2005, quando ritornò dal limbo dove era stata relegata dalla mancanza di interesse e spettatori, non può, anzi, non deve finire.

Dentro tutto, quindi, Trenzalore e il Mainframe Papale, Dalek, Cyberman e Sontaran, Angeli Piangenti e il Silenzio, River Song, per fortuna solo evocata (lo sapete, non la reggo,insultatemi pure…) e, ovviamente, Gallifrey e i Signori del Tempo.

E non manca il Dottore che invecchia, che fa molto sentimental ma ti fa chiedere … perché?

Nel marasma totale di un episodio comunque molto bello, sia pure con delle soluzioni risolutive davvero scontate, così come buona parte delle cose viste in questi anni, anche il personaggio di Clara, sotto sotto, muove tenerezza e simpatia.

Allora? Dove voglio andare a parare? Perché non parto con la sacrosanta invettiva contro il modo in cui il Dottore riesce a rigenerarsi? Perché non faccio il punto sulla melassa e i buoni sentimenti dispensati a piene mani o su certi dialoghi da fumetto rosa?

Non lo faccio perché Moffat è molto, ma molto più bravo di me (non che sia difficile). Perché, ad una manciata di secondi dalla fine dell’episodio ha saputo preparare un piccolo momento capace di azzittire, ed emozionare, anche i vecchi brontoloni come il sottoscritto. E lo ha fatto con maestria, con una scelta di tempo invidiabile e con una sequenza da manuale.

Lo ha fatto per ricordare anche al sottoscritto, che di tv e cinema ne ha visto tanto e che certi meccanismi ormai li conosce bene, che ci si può ancora meravigliare davanti ad uno schermo, piccolo o grande che sia.

Non aggiungo altro. Non vi ho raccontato nulla, come volevo, perché l’episodio non è ancora ufficialmente andato in onda in Italia.

Se lo avete già visto, allora sapete di cosa parlo. Se lo dovete ancora vedere, ricordatevi di queste righe, se vorrete.

Naturalmente, tutto quello che ho scritto ha un senso se non siete tra quelli che si rovinano le visioni con anticipazioni e spoiler, quanto odio questo termine, perdendo ogni motivo di piacere e stupore nel vedere qualcosa sapendo già come va a finire.

E, comunque, ricordate sempre … Doctor, Who???

Share

blog comments powered by Disqus