2099 http://www.2099.it/index.php 2024-04-28T20:48:37Z Joomla! 1.5 - Open Source Content Management Alex Complete di Alessandro Falciola 2023-10-30T06:00:00Z 2023-10-30T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1330:alex-complete-di-alessandro-falciola&catid=61:libri aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/articles.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/articles.jpg" alt="" align="right">Scrivere un romanzo ucronico, o una serie di racconti legati tra loro da un solido filo conduttore, ispirato a un tema in qualche modo classico, l’Asse che vince la seconda guerra mondiale e governa il mondo, potrebbe sembrare, oltre che poco originale anche fin troppo ambizioso.</p> <p>Come fare a rendere l’argomento, già più volte trattato in ambito sf, accattivante e, in qualche modo, innovativo?</p> <p>Semplice. L’intuizione brillante dell’autore è quella di “ibridare” linguaggi diversi, unendo testo e fumetti, ma non in forme già conosciute, come, ad esempio, in una graphic novel, ma in un flusso costante di testo e singole tavole, o intere vignette, che vanno lette in sequenza come un unico, grande affresco.</p> <p>Tutto inizia sotto forma di premessa con la Germania che riesce a sviluppare per prima l’arma nucleare con la quale bombarda le principali capitali nemiche sul territorio europeo, mentre i giapponesi, su supervisione teutonica, faranno lo stesso sugli Stati Uniti.</p> <p>Da qui si dipana la storia del nuovo ordine mondiale con la Germania che controlla, con gli alleati, Europa continentale, Africa e America Latina, mentre il Giappone controlla Asia e Nord America.</p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/articles.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/articles.jpg" alt="" align="right">Scrivere un romanzo ucronico, o una serie di racconti legati tra loro da un solido filo conduttore, ispirato a un tema in qualche modo classico, l’Asse che vince la seconda guerra mondiale e governa il mondo, potrebbe sembrare, oltre che poco originale anche fin troppo ambizioso.</p> <p>Come fare a rendere l’argomento, già più volte trattato in ambito sf, accattivante e, in qualche modo, innovativo?</p> <p>Semplice. L’intuizione brillante dell’autore è quella di “ibridare” linguaggi diversi, unendo testo e fumetti, ma non in forme già conosciute, come, ad esempio, in una graphic novel, ma in un flusso costante di testo e singole tavole, o intere vignette, che vanno lette in sequenza come un unico, grande affresco.</p> <p>Tutto inizia sotto forma di premessa con la Germania che riesce a sviluppare per prima l’arma nucleare con la quale bombarda le principali capitali nemiche sul territorio europeo, mentre i giapponesi, su supervisione teutonica, faranno lo stesso sugli Stati Uniti.</p> <p>Da qui si dipana la storia del nuovo ordine mondiale con la Germania che controlla, con gli alleati, Europa continentale, Africa e America Latina, mentre il Giappone controlla Asia e Nord America.</p> Fubar, non chiamatelo True Lies 2023-07-12T06:00:00Z 2023-07-12T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1329:fubar-non-chiamatelo-true-lies&catid=62:serietv aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/locandina fubar.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/locandina fubar.jpg" alt="" align="right">Lo confesso. Quando vidi per la prima volta il trailer di Fubar, serie in otto puntate (per ora), con l’inossidabile Arnold Schwarzenegger nel ruolo di un agente segreto che svolge la sua attività all’insaputa della sua famiglia che lo crede un innocuo rivenditore di articoli per palestre, ho pensato che Harry Tasker fosse tornato.</p> <p>Gli elementi c’erano tutti, i toni da commedia anche, il nostro Governator aveva la sua solita aria divertente e divertita.</p> <p>Poi ho visto il primo episodio e la magia è svanita.</p> <p>Fubar è una delle decine di serie che i nuovi mostri della distribuzione seriale sfornano mensilmente per saturare un mercato sempre più povero di idee e sempre più ricco di spettatori distratti che spulciano qua e la le offerte dai ristretti schermi di un dispositivo portatile.</p> <p>Certo, Fubar è una serie sopra la media, fosse solo per la presenza di Swarzy, per un cast decente ma non indimenticabile, per una serie di trovate che non vi anticipo in questa sede ma che, ogni tanto un sorriso lo strappano, e, per una volta, per la grande attenzione che chi ha curato l’adattamento e il doppiaggio ha messo nell’evitare inutili strafalcioni o citazioni a casaccio (indico con piacere le battute del partner di Arnold, giovane nerd che se ne esce con frasi dei Thundercats o di altre serie di animazione americane, tutte riportate con precisione).</p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/locandina fubar.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/locandina fubar.jpg" alt="" align="right">Lo confesso. Quando vidi per la prima volta il trailer di Fubar, serie in otto puntate (per ora), con l’inossidabile Arnold Schwarzenegger nel ruolo di un agente segreto che svolge la sua attività all’insaputa della sua famiglia che lo crede un innocuo rivenditore di articoli per palestre, ho pensato che Harry Tasker fosse tornato.</p> <p>Gli elementi c’erano tutti, i toni da commedia anche, il nostro Governator aveva la sua solita aria divertente e divertita.</p> <p>Poi ho visto il primo episodio e la magia è svanita.</p> <p>Fubar è una delle decine di serie che i nuovi mostri della distribuzione seriale sfornano mensilmente per saturare un mercato sempre più povero di idee e sempre più ricco di spettatori distratti che spulciano qua e la le offerte dai ristretti schermi di un dispositivo portatile.</p> <p>Certo, Fubar è una serie sopra la media, fosse solo per la presenza di Swarzy, per un cast decente ma non indimenticabile, per una serie di trovate che non vi anticipo in questa sede ma che, ogni tanto un sorriso lo strappano, e, per una volta, per la grande attenzione che chi ha curato l’adattamento e il doppiaggio ha messo nell’evitare inutili strafalcioni o citazioni a casaccio (indico con piacere le battute del partner di Arnold, giovane nerd che se ne esce con frasi dei Thundercats o di altre serie di animazione americane, tutte riportate con precisione).</p> Diabolik – Ginko all’Attacco, dal mio personalissimo cartellino 2023-04-26T06:00:00Z 2023-04-26T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1328:diabolik-ginko-allattacco-dal-mio-personalissimo-cartellino&catid=58:cinema aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-ginko.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-ginko.jpg" alt="" align="right">Come da tradizione ormai consolidata nel panorama cinematografico eccoci al secondo film della trilogia di Diabolik dei Manetti Bros.</p> <p>Anche in questo caso, come nella precedente pellicola, si è scelto di portare sullo schermo un particolare albo della sconfinata storia del re del terrore, nello specifico il numero 16.</p> <p>Conoscerete sicuramente il detto “non giudicare un libro dalla copertina”, vero? Bene, il concetto è applicabile anche a questo film.</p> <p>La scena iniziale, con un audace colpo di Diabolik, è scenografica ma la fuga del nostro col classico deltaplano che si libra in volo non è esaltante dal punto di vista del comparto grafico e non aiuta la successiva sequenza in auto di Eva pronta a issarlo a bordo, dove si nota l’effetto sfondo che scorre con la macchina ferma degno di un vecchio telefilm anni ’70 (magari voluto, chissà).</p> <p>Ma la svolta arriva con i bellissimi titoli di testa che, più che un omaggio a Bond, mi hanno ricordato le rigogliose coreografie dei gloriosi varietà televisivi del sabato sera.</p> <p>Questa nuova fatica dei Manetti ha un bel ritmo, sicuramente superiore a quello del primo film che comunque aveva una storia che aiutava meno, sotto questo aspetto, rispetto a quella narrata in questa occasione.</p> <p>Ci sono alcune sequenze veramente degne di nota, prima tra tutte quella dell’inseguimento nei boschi girata davvero con bravura e perizia, grazie anche all’aiuto di tecniche moderne come l’uso di droni che comunque danno una bella mano ad aumentare la spettacolarità di una ripresa.</p> <p>Mi sono sembrate ben riuscite anche le rappresentazioni dei vari covi di Diabolik e, come nella prima pellicola, l’ambientazione temporale.</p> <p><br /></p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-ginko.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-ginko.jpg" alt="" align="right">Come da tradizione ormai consolidata nel panorama cinematografico eccoci al secondo film della trilogia di Diabolik dei Manetti Bros.</p> <p>Anche in questo caso, come nella precedente pellicola, si è scelto di portare sullo schermo un particolare albo della sconfinata storia del re del terrore, nello specifico il numero 16.</p> <p>Conoscerete sicuramente il detto “non giudicare un libro dalla copertina”, vero? Bene, il concetto è applicabile anche a questo film.</p> <p>La scena iniziale, con un audace colpo di Diabolik, è scenografica ma la fuga del nostro col classico deltaplano che si libra in volo non è esaltante dal punto di vista del comparto grafico e non aiuta la successiva sequenza in auto di Eva pronta a issarlo a bordo, dove si nota l’effetto sfondo che scorre con la macchina ferma degno di un vecchio telefilm anni ’70 (magari voluto, chissà).</p> <p>Ma la svolta arriva con i bellissimi titoli di testa che, più che un omaggio a Bond, mi hanno ricordato le rigogliose coreografie dei gloriosi varietà televisivi del sabato sera.</p> <p>Questa nuova fatica dei Manetti ha un bel ritmo, sicuramente superiore a quello del primo film che comunque aveva una storia che aiutava meno, sotto questo aspetto, rispetto a quella narrata in questa occasione.</p> <p>Ci sono alcune sequenze veramente degne di nota, prima tra tutte quella dell’inseguimento nei boschi girata davvero con bravura e perizia, grazie anche all’aiuto di tecniche moderne come l’uso di droni che comunque danno una bella mano ad aumentare la spettacolarità di una ripresa.</p> <p>Mi sono sembrate ben riuscite anche le rappresentazioni dei vari covi di Diabolik e, come nella prima pellicola, l’ambientazione temporale.</p> <p><br /></p> Diabolik, pensieri in libertà sulla pellicola dei Manetti Bros. 2022-09-15T06:00:00Z 2022-09-15T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1322:diabolik-pensieri-in-liberta-sulla-pellicola-dei-manetti-bros&catid=58:cinema aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-teaser-poster-1.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-teaser-poster-1.jpg" alt="" align="right">Uno dei vantaggi nello scrivere qualche riflessione su un film come Diabolik da parte di chi, saltuariamente e per puro diletto, si cimenta su questo sito è la sicurezza di avere talmente pochi lettori, e nessuno dei soggetti citati, da potersi esprimere senza timori particolari o trovarsi a dover confezionare uno scritto di pura natura promozionale.</p> <p>Se aggiungiamo che chi scrive non è un appassionato del soggetto, per quanto lo legga spesso con grande piacere, considerandolo una lettura leggera e di grande intrattenimento, spero che le prossime righe possano essere apprezzate semplicemente per quello che sono.</p> <p>Proviamo a dissipare subito un dubbio. Se pensate che il fumetto al cinema sia solo l’MCU o i tentativi, a volte imbarazzanti, della Warner, bene, lasciate perdere.</p> <p>Diabolik, opera dei talentuosi fratelli Manetti, dei quali riconosco certamente il grande talento pur non amando particolarmente le loro produzioni, è un film molto, ma molto particolare.</p> <p>Se dovessi provare a definirlo con una sola sentenza, direi un quadro in movimento, per quanto tale definizione possa sembra contraddittoria in termini.</p> <p><br /></p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-teaser-poster-1.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/diabolik-teaser-poster-1.jpg" alt="" align="right">Uno dei vantaggi nello scrivere qualche riflessione su un film come Diabolik da parte di chi, saltuariamente e per puro diletto, si cimenta su questo sito è la sicurezza di avere talmente pochi lettori, e nessuno dei soggetti citati, da potersi esprimere senza timori particolari o trovarsi a dover confezionare uno scritto di pura natura promozionale.</p> <p>Se aggiungiamo che chi scrive non è un appassionato del soggetto, per quanto lo legga spesso con grande piacere, considerandolo una lettura leggera e di grande intrattenimento, spero che le prossime righe possano essere apprezzate semplicemente per quello che sono.</p> <p>Proviamo a dissipare subito un dubbio. Se pensate che il fumetto al cinema sia solo l’MCU o i tentativi, a volte imbarazzanti, della Warner, bene, lasciate perdere.</p> <p>Diabolik, opera dei talentuosi fratelli Manetti, dei quali riconosco certamente il grande talento pur non amando particolarmente le loro produzioni, è un film molto, ma molto particolare.</p> <p>Se dovessi provare a definirlo con una sola sentenza, direi un quadro in movimento, per quanto tale definizione possa sembra contraddittoria in termini.</p> <p><br /></p> PARLAMI DEL TUO FILM, USUL 2022-01-19T06:00:00Z 2022-01-19T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1319:parlami-del-tuo-film-usul&catid=58:cinema aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/dune-2021.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/dune-2021.jpg" alt="" align="right">Dune di Denis Villeneuve è uno splendido film che, nella migliore delle ipotesi, naviga molto vicino alla soglia del non necessario.</p> <p>Se non vi state, e non mi state, maledicendo per aver iniziato la lettura, permettetemi di &nbsp;chiarire, molto brevemente, il concetto che vorrei &nbsp;tentare di esprimere.</p> <p>Partiamo dalle doverose precisazioni che conoscete già. Questa pellicola non è che la prima parte del racconto e sarà seguita dalla seconda che andrà a completare la storia che Lynch fu costretto, o invitato, a ridurre in un unico film andando a comprimere e semplificare molti passaggi del mastodontico primo volume di Herbert che Villeneuve ha deciso di esplicitare in maniera più completa e fedele.</p> <p>E’ mia modesta opinione, che tale rimane, che queste due ore e trenta di prima parte, sia pure svolte in maniera pregevole, tra omaggi non banali alla prima pellicola ed evidenti punti di divergenza, non aggiungano nulla a quello che Lynch, gioco forza, andò a snellire.</p> <p>Tutto scorre molto placidamente, come le acque di Caladan o la sabbia di Arrakis, senza intaccare o lasciare nulla. Tutto è funzionale ma, allo stesso tempo, ai limiti del superfluo. A volte il non detto, il percorso lasciato all’immaginazione, il sottratto racconta molto di più dell’esplicitato.</p> <p></p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/dune-2021.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/dune-2021.jpg" alt="" align="right">Dune di Denis Villeneuve è uno splendido film che, nella migliore delle ipotesi, naviga molto vicino alla soglia del non necessario.</p> <p>Se non vi state, e non mi state, maledicendo per aver iniziato la lettura, permettetemi di &nbsp;chiarire, molto brevemente, il concetto che vorrei &nbsp;tentare di esprimere.</p> <p>Partiamo dalle doverose precisazioni che conoscete già. Questa pellicola non è che la prima parte del racconto e sarà seguita dalla seconda che andrà a completare la storia che Lynch fu costretto, o invitato, a ridurre in un unico film andando a comprimere e semplificare molti passaggi del mastodontico primo volume di Herbert che Villeneuve ha deciso di esplicitare in maniera più completa e fedele.</p> <p>E’ mia modesta opinione, che tale rimane, che queste due ore e trenta di prima parte, sia pure svolte in maniera pregevole, tra omaggi non banali alla prima pellicola ed evidenti punti di divergenza, non aggiungano nulla a quello che Lynch, gioco forza, andò a snellire.</p> <p>Tutto scorre molto placidamente, come le acque di Caladan o la sabbia di Arrakis, senza intaccare o lasciare nulla. Tutto è funzionale ma, allo stesso tempo, ai limiti del superfluo. A volte il non detto, il percorso lasciato all’immaginazione, il sottratto racconta molto di più dell’esplicitato.</p> <p></p> [recensione] Reboot 8092 2020-03-31T06:00:00Z 2020-03-31T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1295:recensione-reboot-8092&catid=61:libri aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/reboot-8092-salvato-formichini.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/reboot-8092-salvato-formichini.jpg" alt="" align="right">La prima cosa che mi ha colpito fin dalle prime righe di Reboot 8092, storia di un viaggio alla ricerca della vita, e per la vita, declinato sotto forma di personale diario di bordo, è stata la scelta di usare il femminile.</p> <p>Può sembrare una scelta casuale o semplicemente funzionale. Invece a me ha dato l’idea di qualcosa di volutamente ponderato, un modo per rendere più caldo, familiare, rassicurante un racconto che trasmette, in alcuni passaggi, la fredda solitudine dello spazio infinito, reso così meno alienante da una semplice desinenza.</p> <p>D’altra parte la forma femminile offre un solido approdo, la sensazione di trovarsi come a casa, protetti da una figura materna. Non per nulla, specie in fantascienza, il termine di nave madre è usato con frequenza per descrivere l’ammiraglia di una flotta, che protegge, con la sua forza e il suo <i>affetto</i>, tutti i suoi componenti.</p> <p>E femminile è anche la AI che ci racconta i suoi continui risvegli, <i>reboot</i>, durante il suo lungo, lunghissimo viaggio. Una AI dai tratti fortemente umani, legata con ardore e tenacia alla sua missione e alla sua necessità di rimanere in vita. Una AI che prova emozioni, fa congetture, si lascia andare a momenti di rabbia e sconforto o di grande felicità, ma che allo stesso tempo sa essere lucida e razionale. Insomma, semplicemente umana.</p> <p><br /></p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/reboot-8092-salvato-formichini.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/reboot-8092-salvato-formichini.jpg" alt="" align="right">La prima cosa che mi ha colpito fin dalle prime righe di Reboot 8092, storia di un viaggio alla ricerca della vita, e per la vita, declinato sotto forma di personale diario di bordo, è stata la scelta di usare il femminile.</p> <p>Può sembrare una scelta casuale o semplicemente funzionale. Invece a me ha dato l’idea di qualcosa di volutamente ponderato, un modo per rendere più caldo, familiare, rassicurante un racconto che trasmette, in alcuni passaggi, la fredda solitudine dello spazio infinito, reso così meno alienante da una semplice desinenza.</p> <p>D’altra parte la forma femminile offre un solido approdo, la sensazione di trovarsi come a casa, protetti da una figura materna. Non per nulla, specie in fantascienza, il termine di nave madre è usato con frequenza per descrivere l’ammiraglia di una flotta, che protegge, con la sua forza e il suo <i>affetto</i>, tutti i suoi componenti.</p> <p>E femminile è anche la AI che ci racconta i suoi continui risvegli, <i>reboot</i>, durante il suo lungo, lunghissimo viaggio. Una AI dai tratti fortemente umani, legata con ardore e tenacia alla sua missione e alla sua necessità di rimanere in vita. Una AI che prova emozioni, fa congetture, si lascia andare a momenti di rabbia e sconforto o di grande felicità, ma che allo stesso tempo sa essere lucida e razionale. Insomma, semplicemente umana.</p> <p><br /></p> Shanda's River 2018-04-07T06:00:00Z 2018-04-07T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1263:shandas-river&catid=58:cinema Antonio Gallina aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/shanda.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/shanda.jpg" alt="" align="right">Assistere all’uscita, in home video, di un film indipendente a piccolo budget realizzato in Italia e destinato principalmente, purtroppo, al mercato estero è evento assai raro.</p> <p>Sinceramente ho perso il conto delle piccole produzioni che ho dovuto visionare, magari in edizioni tedesche con traccia inglese prive, naturalmente, di sottotitoli, che non hanno trovato posto nelle innumerevoli uscite di un mercato spesso troppo orientato verso un mediocre prodotto straniero e mal disposto a valorizzare le coraggiose produzioni nazionali che vanno fuori dagli schemi della commedia, più o meno raffinata, o del film di impegno sociale.</p> <p>Ritengo quindi doveroso iniziare queste righe ringraziando il coraggio e la lungimiranza della <a href="https://cinemuseum.store/" mce_href="https://cinemuseum.store/" target="_blank">Cinemuseum</a> che ha trovato la forza di proporre sul nostro mercato un bel film tra l’horror e il thriller, un film di genere, nel senso più alto del termine, quello che riporta ai nomi di Maestri come Argento, Fulci, Lenzi, Massaccesi, Martino (e l’elenco potrebbe andare avanti ad libitum) come Shanda’s River.</p> <p>Un film dai costi ridotti, girato fondamentalmente su due location che prende spunto da un espediente narrativo che, se ci limitassimo a leggere una qualsiasi sinossi, potrebbe suonare banale (un ciclo temporale che si ripete all’infinito) e già usato ed abusato da cinema e TV con risultati non sempre brillanti (penso al pessimo episodio basato proprio su un loop temporale del pur riuscitissimo ed interessante Discovery, ultima incarnazione della saga fantascientifica di Star Trek).</p> <p>Eppure è proprio la scelta di una ripetizione, seppure mai scontata, degli eventi che ha permesso di girare, nel tempo record di 9 giorni, una piccola perla che brilla accecante nel firmamento del cinema italiano e che, giustamente, ha ricevuto decine di riconoscimenti nei principali festival di tutto il mondo.</p> <p>La principale forza del film sta, a mio modestissimo parere, nel grande lavoro di forza e armonia di tutto il gruppo.</p> <p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/shanda.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/shanda.jpg" alt="" align="right">Assistere all’uscita, in home video, di un film indipendente a piccolo budget realizzato in Italia e destinato principalmente, purtroppo, al mercato estero è evento assai raro.</p> <p>Sinceramente ho perso il conto delle piccole produzioni che ho dovuto visionare, magari in edizioni tedesche con traccia inglese prive, naturalmente, di sottotitoli, che non hanno trovato posto nelle innumerevoli uscite di un mercato spesso troppo orientato verso un mediocre prodotto straniero e mal disposto a valorizzare le coraggiose produzioni nazionali che vanno fuori dagli schemi della commedia, più o meno raffinata, o del film di impegno sociale.</p> <p>Ritengo quindi doveroso iniziare queste righe ringraziando il coraggio e la lungimiranza della <a href="https://cinemuseum.store/" mce_href="https://cinemuseum.store/" target="_blank">Cinemuseum</a> che ha trovato la forza di proporre sul nostro mercato un bel film tra l’horror e il thriller, un film di genere, nel senso più alto del termine, quello che riporta ai nomi di Maestri come Argento, Fulci, Lenzi, Massaccesi, Martino (e l’elenco potrebbe andare avanti ad libitum) come Shanda’s River.</p> <p>Un film dai costi ridotti, girato fondamentalmente su due location che prende spunto da un espediente narrativo che, se ci limitassimo a leggere una qualsiasi sinossi, potrebbe suonare banale (un ciclo temporale che si ripete all’infinito) e già usato ed abusato da cinema e TV con risultati non sempre brillanti (penso al pessimo episodio basato proprio su un loop temporale del pur riuscitissimo ed interessante Discovery, ultima incarnazione della saga fantascientifica di Star Trek).</p> <p>Eppure è proprio la scelta di una ripetizione, seppure mai scontata, degli eventi che ha permesso di girare, nel tempo record di 9 giorni, una piccola perla che brilla accecante nel firmamento del cinema italiano e che, giustamente, ha ricevuto decine di riconoscimenti nei principali festival di tutto il mondo.</p> <p>La principale forza del film sta, a mio modestissimo parere, nel grande lavoro di forza e armonia di tutto il gruppo.</p> <p> LA SINDROME DI STENDHAL: COME TI SALVO UN FILM 2017-01-17T06:00:00Z 2017-01-17T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1228:la-sindrome-di-stendhal-come-ti-salvo-un-film&catid=58:cinema aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/sindrome.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/sindrome.jpg" alt="" align="right">Qualche lettore ricorderà che avevo usato un titolo molto simile in passato per trattare di un genere poco frequentato su queste pagine, l’horror, e, perché no, anche il thriller, come scusa per parlare di film che, magari, non mi avevano pienamente convinto ma nei quali avevo trovato una o più scene che, da sole, mi avevano convinto che la visione era valsa la pena.</p> <p>Come intuirete oggi parliamo di una pellicola del Maestro Dario Argento, approfittando anche del suo prossimo ritorno nelle sale, di cui dirò in separata sede.</p> <p>E sono certo che le pellicole di Argento non possano che entrare di diritto nel fantastico, nella sua accezione più ampia.</p> <p>In questa sede non voglio in alcun modo fare una critica o sviscerare il film, che poco mi convinse all’epoca e che ha confermato le mie perplessità anche oggi, perché sul Maestro si è scritto tanto, tantissimo, sia sotto forma di saggio che in siti e blog più specializzati e preparati del nostro, nonché sulle principali riviste di settore, nazionali ed internazionali e il mio parere personale nulla andrebbe a togliere o ad aggiungere ad una figura che rimarrà per sempre impressa nella storia del cinema mondiale.</p> <p>Tra l’altro, a mio modestissimo parere, i primi minuti della pellicola, ambientati agli Uffizi, andrebbero proiettati in ogni scuola di cinema come esempio di pura arte registica. E non solo.</p> <p>Ne La Sindrome di Stendhal c’è tutto Dario Argento, in ogni ripresa, in ogni passaggio, in ogni scelta visiva. Eppure ho sempre avuto questa strana sensazione per cui il film non avesse più nulla da dire dal momento in cui Asia Argento si taglia i capelli in ospedale, a Firenze, dopo aver subito violenza dall’assassino-stupratore seriale.</p> <p></p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/sindrome.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/sindrome.jpg" alt="" align="right">Qualche lettore ricorderà che avevo usato un titolo molto simile in passato per trattare di un genere poco frequentato su queste pagine, l’horror, e, perché no, anche il thriller, come scusa per parlare di film che, magari, non mi avevano pienamente convinto ma nei quali avevo trovato una o più scene che, da sole, mi avevano convinto che la visione era valsa la pena.</p> <p>Come intuirete oggi parliamo di una pellicola del Maestro Dario Argento, approfittando anche del suo prossimo ritorno nelle sale, di cui dirò in separata sede.</p> <p>E sono certo che le pellicole di Argento non possano che entrare di diritto nel fantastico, nella sua accezione più ampia.</p> <p>In questa sede non voglio in alcun modo fare una critica o sviscerare il film, che poco mi convinse all’epoca e che ha confermato le mie perplessità anche oggi, perché sul Maestro si è scritto tanto, tantissimo, sia sotto forma di saggio che in siti e blog più specializzati e preparati del nostro, nonché sulle principali riviste di settore, nazionali ed internazionali e il mio parere personale nulla andrebbe a togliere o ad aggiungere ad una figura che rimarrà per sempre impressa nella storia del cinema mondiale.</p> <p>Tra l’altro, a mio modestissimo parere, i primi minuti della pellicola, ambientati agli Uffizi, andrebbero proiettati in ogni scuola di cinema come esempio di pura arte registica. E non solo.</p> <p>Ne La Sindrome di Stendhal c’è tutto Dario Argento, in ogni ripresa, in ogni passaggio, in ogni scelta visiva. Eppure ho sempre avuto questa strana sensazione per cui il film non avesse più nulla da dire dal momento in cui Asia Argento si taglia i capelli in ospedale, a Firenze, dopo aver subito violenza dall’assassino-stupratore seriale.</p> <p></p> [recensione] The Great Journey 2016-07-23T06:00:00Z 2016-07-23T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1214:recensione-the-great-journey&catid=58:cinema Antonio Gallina aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/2099.png" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/2099.png" alt="" align="right" height="79" width="200">E’ davvero un grande viaggio quello che ha portato Fabio Salvati, ancora una volta affiancato da Armando Basso, alla realizzazione di questo nuovo corto, presentato, con grande successo, al recente Fanta-Festival di Roma, giunto alla sua trentaseiesima edizione.</p> <p>Chi segue 2099 sa che abbiamo recensito tutti i lavori del talentuoso regista. E’ quindi motivo di particolare orgoglio poter scrivere qualche breve riflessione su questa nuova opera intitolata “The Great Journey”.</p> <p>Già il titolo, per pura assonanza, ci porta echi di storie passate ma sempre attuali legati alla storica testata “Journey into Mystery”, per quanto, come sempre nelle opere di Salvati, qui si parla di sf allo stato puro e non ci sono tracce di effimeri e modaioli eroi in costume.</p> <p>Il corto si apre con una scena dal sapore quasi bondiano, con un satellite che inquadra in rapida successione diverse città del mondo, localizzando alcune famiglie accomunate dal lieto evento della nascita di un erede maschio.</p> <p>La scena si sposta su uno di questi nuclei, la famiglia Coleman, che riceve la visita di alcuni inquietanti agenti che prelevano il piccolo dalle mani della madre, con tanto di regolare contratto di cessione evidentemente redatto già prima della nascita del bambino al quale i genitori devono, sia pure con grande riluttanza, sottostare.</p> <p></p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/2099.png" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/2099.png" alt="" align="right" height="79" width="200">E’ davvero un grande viaggio quello che ha portato Fabio Salvati, ancora una volta affiancato da Armando Basso, alla realizzazione di questo nuovo corto, presentato, con grande successo, al recente Fanta-Festival di Roma, giunto alla sua trentaseiesima edizione.</p> <p>Chi segue 2099 sa che abbiamo recensito tutti i lavori del talentuoso regista. E’ quindi motivo di particolare orgoglio poter scrivere qualche breve riflessione su questa nuova opera intitolata “The Great Journey”.</p> <p>Già il titolo, per pura assonanza, ci porta echi di storie passate ma sempre attuali legati alla storica testata “Journey into Mystery”, per quanto, come sempre nelle opere di Salvati, qui si parla di sf allo stato puro e non ci sono tracce di effimeri e modaioli eroi in costume.</p> <p>Il corto si apre con una scena dal sapore quasi bondiano, con un satellite che inquadra in rapida successione diverse città del mondo, localizzando alcune famiglie accomunate dal lieto evento della nascita di un erede maschio.</p> <p>La scena si sposta su uno di questi nuclei, la famiglia Coleman, che riceve la visita di alcuni inquietanti agenti che prelevano il piccolo dalle mani della madre, con tanto di regolare contratto di cessione evidentemente redatto già prima della nascita del bambino al quale i genitori devono, sia pure con grande riluttanza, sottostare.</p> <p></p> Spazio 1999 Blu Ray (edizione UK) 2016-03-07T06:00:00Z 2016-03-07T06:00:00Z http://www.2099.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1204:spazio-1999-blu-ray-edizione-uk&catid=62:serietv aquila2 aquila2@2099.it <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/mid-space1999dvd.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/mid-space1999dvd.jpg" alt="" align="right">Dopo averci pensato su per un po’ ho acquistato la versione UK (Network) in Blu Ray di Spazio 1999.<br /> <br />Credetemi, sembra una serie girata 10 giorni fa. La qualità video è veramente fantascientifica (nel libretto interno ci sono diverse pagine dedicate a spiegare il lavoro di restauro che è stato fatto), la quantità di particolari che si apprezzano a video è inimmaginabile. I colori sono nitidi e bilanciati, insomma, un piacere per gli occhi.<br /> <br />Traccia audio solo inglese, con sottotitoli in inglese, solo per gli episodi, che purtroppo non sono letterali ma una specie di sintesi (dovrebbero imparare dalla BBC che sui dvd/BR di Doctor Who mette i sottotitoli letterali sia sugli episodi che sugli extra e anche sugli eastern eggs, quando ci sono)<br /> <br />Interessante seguire la recitazione in inglese con i netti contrasti derivanti dalle varie nazionalità degli attori. La voce originale della Bain è molto bella e sensuale, quella di Landau molto più "soft" rispetto al tono imperioso a cui siamo stati abituati dal grande Michele Kalamera.<br /> <br />Tanta qualità mette anche in mostra i limiti del girato, non solo per i mezzi (anche se le aquile sembrano vere in alcune inquadrature, mentre pianeti e spazio aperto mostrano tutta la loro natura artigianale) ma nella recitazione. La Bain è ancora più statica di come la ricordassi, la maggior parte degli attori tende ad essere inespressiva.<br /><br />Sembrano tutti un po’ dei pupazzi, come raccontava il buon Morse (a causa delle direttive di Anderson e della sua abitudine a gestire i puppets, come narrò nella prima, indimenticabile, Moonbound).<br /> <br />Insomma, agli attrezzati di BR, ne consiglio vivamente l’acquisto, se la visione in lingua non vi spaventa.</p> <p><img src="http://www.2099.it/images/stories/mid-space1999dvd.jpg" mce_src="http://www.2099.it/images/stories/mid-space1999dvd.jpg" alt="" align="right">Dopo averci pensato su per un po’ ho acquistato la versione UK (Network) in Blu Ray di Spazio 1999.<br /> <br />Credetemi, sembra una serie girata 10 giorni fa. La qualità video è veramente fantascientifica (nel libretto interno ci sono diverse pagine dedicate a spiegare il lavoro di restauro che è stato fatto), la quantità di particolari che si apprezzano a video è inimmaginabile. I colori sono nitidi e bilanciati, insomma, un piacere per gli occhi.<br /> <br />Traccia audio solo inglese, con sottotitoli in inglese, solo per gli episodi, che purtroppo non sono letterali ma una specie di sintesi (dovrebbero imparare dalla BBC che sui dvd/BR di Doctor Who mette i sottotitoli letterali sia sugli episodi che sugli extra e anche sugli eastern eggs, quando ci sono)<br /> <br />Interessante seguire la recitazione in inglese con i netti contrasti derivanti dalle varie nazionalità degli attori. La voce originale della Bain è molto bella e sensuale, quella di Landau molto più "soft" rispetto al tono imperioso a cui siamo stati abituati dal grande Michele Kalamera.<br /> <br />Tanta qualità mette anche in mostra i limiti del girato, non solo per i mezzi (anche se le aquile sembrano vere in alcune inquadrature, mentre pianeti e spazio aperto mostrano tutta la loro natura artigianale) ma nella recitazione. La Bain è ancora più statica di come la ricordassi, la maggior parte degli attori tende ad essere inespressiva.<br /><br />Sembrano tutti un po’ dei pupazzi, come raccontava il buon Morse (a causa delle direttive di Anderson e della sua abitudine a gestire i puppets, come narrò nella prima, indimenticabile, Moonbound).<br /> <br />Insomma, agli attrezzati di BR, ne consiglio vivamente l’acquisto, se la visione in lingua non vi spaventa.</p>