James Cameron è un ottimo regista. Sono un cultore dei suoi Terminator, Aliens lo ritengo il più bel film della saga, mi diverto da morire ogni volta che rivedo True Lies e, vi confesso, ho amato anche Titanic.
Dopo una tale premessa però, non mi vergogno di dire che, per me, Avatar, è una cagata pazzesca!
Citazione a parte, cerco di argomentare, sia pure brevemente, una tale affermazione.
Avatar è uno spot, o meglio una demo, della rinnovata tecnologia 3D che, a onor del vero, funziona egregiamente e fa la sua scena.
Visto che tutte le forze erano schierate nel comparto tecnico, ci si è dimenticati che un film necessita ancora di una storia e di una buona sceneggiatura per poter funzionare.
Di inventarsi qualcosa di nuovo, evidentemente, non c’era voglia, e allora ecco scattare l’operazione saccheggio, che in alcuni casi rasenta il plagio.
Ci serve un popolo alieno? Ci sono i Fremen, magari edulcorati dell’ underground mistico sostituito da un ambientalismo-naturalismo da operetta.
Ci serve un ambiente? Una bella foresta vivente interconnessa con gli abitanti, un grande network naturale, che strizza l’occhio, ma solo un po’ sia chiaro, al Ritorno dello Jedi con le sue creatura colorate.
La storia? Terrestri cattivi che hanno ormai sfruttato alla morte il proprio pianeta e vogliono prosciugare anche il mondo di fiaba di questi puffi di 3 metri (battuta non mia ma, se non ricordo male, di Zuzzurro e Gaspare) così ricco di una sostanza rarissima e costosissima.
Poi, naturalmente, un richiamo ad almeno qualche decina di film dove gli occidentali senza scrupoli sterminano le povere popolazioni indigene, un po’ di Vietnam, non manca mai, e l’immancabile storiella d’amore, sempre utile per inumidire l’occhio del pubblico.
Infine il tocco dell’autore che, ricordandosi improvvisamente di essere James Cameron, cita se stesso prendendo di peso da Aliens la compagnia cattiva con tanto di funzionario imbelle, il povero Giovanni Ribisi, e i marines ottusi e guerrafondai, con annessa battutaccia contro Star Trek (il colonnello Quaritch viene apostrofato con un "Capitano Kirk" per evidenziarne la vena militarista).
Tutti questi ingredienti mixati insieme senza nessun guizzo di fantasia danno un bellissimo cartone animato che dura 3 ore di troppo e che lascia un senso di malinconico sconforto immaginando l’occasione persa e la deriva di un bravo regista ormai perduto nelle paludi del facile guadagno.
E quello che fa più rabbia è che la prima mezz’ora della pellicola, l’unica parte veramente fantascientifica di questo inutile polpettone fantasy e ambientalista, lasciava davvero esterrefatti per la qualità tecnica delle immagini e per le possibilità che questa tecnologia può regalare al campo della sf.
Tutto da buttare allora? Forse no.
Mi sento di salvare una delle invenzioni visive più belle e, forse più attese, nella fantascienza dai tempi di Heinlein, le suit "indossate" dai marines, la prima vera incarnazione cinematografica delle tute pensate dallo scrittore, peccato non averle avute in Starship Troopers, e che ci fanno sognare un futuro cinematografico per capolavori dell’animazione nipponica come Gundam o Votoms.
Tra gli attori invece, tutti sfruttati piuttosto male, compresa la povera Sigourney "Ripley" Weaver, salviamo la sempre più tosta e, lasciatemelo dire, bellissima Michelle Rodriguez, novella Vasquez, un’attrice troppo spesso dimenticata dall’asfittico star system hollywoodiano.